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L'idea alla base di "Una bellezza critica" è che una caratteristica del design italiano è da sempre stata la volontà di prendere posizione, di farsi strumento di intervento nella società e, seppur con i limiti della professione, di provare a cambiarla. Ciò senza perdere di vista l'estetica, la qualità formale, la bellezza del prodotto. Questo atteggiamento è di certo una tra le principali forze del design italiano. In un tale scenario il designer ha svolto, di fatto, la funzione di un intellettuale che, attraverso un approccio critico alla realtà, propone modelli alternativi, spesso criticando i compagni di strada. Resta da capire se tutto ciò sia oggi ancora valido e, dunque, se tale attitudine di farsi volutamente attore della trasformazione sociale, mantenendo la dignità estetica del prodotto, rimanga ancora una specificità del contributo italiano al design. La debolezza di pensiero, figlia della Postmodernità, una concentrazione sugli aspetti di natura metodologico-tecnica e una ricerca di più stretto collegamento con i sistemi produttivi locali, con l'obiettivo, corretto, di avere ricadute in termini di competitività, hanno, in parte, condotto il dibattito su altre problematiche. Da qui un dubbio: che alcune delle attuali difficoltà del design italiano siano parzialmente legate proprio a questo allontanamento dal tradizionale approccio critico. E, dunque, pur nella specificità del momento, un auspicio a riprendere la strada interrotta.